domenica 29 luglio 2012

Viaggio in Engadina - I° parte (il Bernina Express e l'arrivo al Grand Hotel Kronenhof)


La mia amata reflex ha deciso di lasciarmi. Un giorno non si è più accesa, provocandomi un mezzo infarto, poi l'assistenza ha certificato la sua morte cerebrale. Questi del viaggio in Svizzera sono gli ultimi scatti che mi ha concesso. Trovo sia stato molto bello da parte sua aver resistito per tutto il viaggio e aver gettato la spugna solo una volta arrivate a casa, come a dire: "dopo aver visto queste meraviglie, passo e chiudo". Con questo post la saluto, la ringrazio per tutte le soddisfazioni che mi ha dato e per tutte le volte che ha accettato di essere stressata e tirata al massimo delle sue possibilità. Spero di presentarvi presto colei che le succederà ma devo prima risolvere un problemino di spicci ;) Nel frattempo utilizzo un'altra signorina che mi viene gentilmente prestata all'occorrenza ma con la quale non vado troppo d'accordo. Niente di che in realtà, solo che sono un po' fissata con i colori e su questo non ci piacciamo l'un l'altra. Ora è meglio che la finisca qua ed inizi a raccontarvi del viaggio se no mi intristisco di nuovo :(
Il Grand Hotel Kronenhof di Pontresina, un paesino a 5 minuti da St. Moritz, mi aveva invitato ad una tre giorni gourmet per scoprire l'eccellenza culinaria dell'Engadina. Il programma del viaggio stampa era davvero fantastico e l'idea di starmene un po' al fresco a 2000 m di altezza mentre qua a Roma si stava sui 34° non mi dispiaceva affatto. Le premesse erano queste: hotel 5 stelle con spa, cena in ristorante stellato Michelin, giro in mountain bike per boschi, escursione al ghiacciaio, degustazione di vini locali e visita ad una malga di alta quota per vedere come si realizzano i famosi formaggi svizzeri. Potevo non andare? 


Cercando su internet il modo più comodo per arrivare lassù, scopro l'esistenza del rinomato trenino rosso del Bernina. Non ne avevo mai sentito parlare prima e mi sono ritrovata a vergognarmi pesantemente di questa mancanza. E' uno dei treni "mito", alla stregua dell'Orient Express e della Transiberiana, e la ferrovia su cui corre è addirittura patrimonio mondiale dell'Unesco. Questo perchè in Europa sono i binari che arrivano più ad alta quota (2253 m) passando per boschi, laghi, ghiacciai, ponti ad archi, salite a tornanti e panorami mozzafiato. Con un percorso così difficile è anche normale che impieghi ben 2 ore e mezzo per andare da Tirano a St. Mortiz ad una velocità alquanto ridotta, ma vi assicuro che ne vale la pena. Così, dopo 3 ore di Roma-Milano con aria condizionata in modalità congelatore, e altre due e mezzo di Milano-Tirano in modalità forno, salgo sul trenino rosso, bello, pulitissimo, puntualissimo, modernissimo dentro e un po' retrò fuori, e con una temperatura interna perfetta (passi il confine italiano di due metri e già senti tutta la differenza). Questo gioiello viaggia a quelle altitudini anche in pieno inverno, tutti i giorni senza problemi, perchè ha un meccanismo davanti alla motrice che funge direttamente da spazzaneve (pensate che spettacolo dev'essere farsi il viaggio quando è tutto imbiancato). Le carrozze sono piccoline e a chi viaggia in gruppo ne riservano alcune apposite... il che vuol dire che mi son fatta il viaggio in una completamente vuota, libera di spostarmi da un finestrino all'altro per fare tutte le foto che volevo :) I tavolini sono incorporati di mappa con indicate le fermate e i punti più panoramici (che vengono comunque annunciati in varie lingue) e alcune stazioni sono solo degli stop in mezzo ai boschi da cui partire per trekking o giri in bici.


All'inizio sembra di stare in un percorso per trenini da modellismo. I binari collocati direttamente sulla sede stradale passano dentro ai paesi, sfiorano le case e incrociano stradine senza passaggio a livello. Il treno va così piano che alle auto sono sufficienti i triangolini del dare precedenza disegnati a terra. Poi si passa per il famoso viadotto elicoidale di Brusio, un ponte che sale a spirale permettendo di superare trenta metri di dislivello in poco spazio. Si affianca il romantico lago di Poschiavo e si prende quota tra i boschi grazie ad una serie di tornanti strettissimi che offrono dei panorami sempre più ampi della vallata appena percorsa.



Superati dirupi e boschi ti si apre davanti il superbo Piz Palü, un ghiacciaio con relative cascate che alimenta un lago a fondo valle. E' un panorama da sogno, una di quelle cose che finchè non lo vedi pensi che possa solo essere immaginato e dipinto da qualche pittore dell'800.
Solo una (fortunatissima) casetta in tutta la valle, per il resto nient'altro che acqua, roccia, ghiaccio e abeti ovunque.
Superata questa meraviglia ci si affianca al lago Bianco, che in questo periodo era un po' in secca e più sul marroncino che sul bianco, ma che ho trovato comunque splendido e surreale. Qui sono scesi quasi tutti, muniti di scarponcini o bici, avviandosi per suggestivi sentieri spogli e rocciosi. 

Poi si arriva al Passo Bernina, il punto più alto raggiunto dal treno. Si oltrepassano ponti coperti in legno e ci si avvicina al ghiacciaio Monteratsch e al gruppo del Bernina. Da qui in poi inizia la discesa, si affiancano strade più che altro frequentate da motociclisti, e si arriva a Pontresina. 


Alla stazione c'è uno degli autisti dell'hotel ad aspettare, sopra quattro ruote decisamente molto eleganti, spaziose e munite di vetri oscurati... forse aspettano anche dei vip? Ehm... no, e spero che il mio non essere abituata a certi tipi di attenzioni e trattamenti non sia stato così evidente (mi sentivo un po' una "peracottara" fuori posto) ;)


Arrivati all'ingresso principale dell'hotel rimango a bocca aperta. Un grandissimo palazzo di fine '800 classificato addirittura come monumento storico, elegante senza essere pomposo, dalle linee sobrie e pulite... vedere spesso le facciate degli albergoni di Roma, quasi tutti così barocchi, mi ha fatto apprezzare davvero tanto questa raffinatezza svizzera.


Il retro dell'hotel non è assolutamente da meno. L'antico edificio con vista sulle Alpi, l'edificio nuovo sottostante adibito a Spa con piscina vetrata panoramica, parco per prendere il sole che d'inverno diventa pista da pattinaggio, pavillion esterno in legno adibito a ristorante per snack e brunch... e un panorama a 180°. Dal salone centrale dell'hotel si gode di una particolare vista diretta sul ghiacciaio Monteratsch (la prima foto del post è proprio di quell'angolo del salone).

Una delle gentilissime ragazze della reception apre la porta della stanza e inizia ad illustrare tutti i dettagli... la seguo e non la seguo, nel senso che sono imbambolata come una scema ad ammirare il calore del legno, i toni neutri e la grandezza degli spazi. Se ne accorge subito e dice "è una suite de luxe, ci sono molte funzioni... ma volendo ci si può anche divertire a scoprirle da soli". "No no, le illustri pure che qua dentro potrei perdermi" tutto questo in un inglese imbambolato come me. E riparte dall'ingresso, con il guardaroba e tutti gli accessori per i vestiti e le scarpe, si sposta al salottino, apre la porta finestra e illustra il giardino con le sdraie, mostra i meccanismi elettrici per le tende, le serrande e le finestre, il collegamento internet e la wi-fi (che non ho usato perchè quando viaggio preferisco staccare) il frigo bar, il mega schermo (che pure non ho usato per via di una naturale repulsione alla tv) e altre cose di cui non ho più memoria causa ritorno del suddetto imbambolamento. Sono rimasta impressionata dal letto enorme e morbido per via dei piumoni (gli alberghi alpini hanno tutti questi piumini sofficissimi e leggeri), dalla scelta di arredare la stanza con fotografie bellissime di quelle zone risalenti ai primi del '900, e dalla zona letto con pareti e soffitto in legno pregiato che donano calore e relax.


Una stanza come questa, di un valore a 4 cifre per notte, in Italia sarebbe stata riempita di decori, vasi, capitelli, ori e suppellettili varie mentre qui hanno scelto il legno, la semplicità estetica, dando però grandissima attenzione alla funzionalità, ai dettagli e ai servizi, e ritengo sia questo a fare davvero la differenza. Stanza pulita e rifatta 3 volte al giorno, con letto preparato in 3 modi diversi la mattina, il pomeriggio e la sera a seconda se si vuole usarlo con più cuscini per riposare, oppure senza copriletto e con i piumoni per la notte. Vestiti ripiegati e riposti ogni volta (io gli avrò dato un gran da fare dato che sono  una delle massime esperte nel lancio delle magliette in giro per la stanza), scrivania con il necessario (e oltre) per scrivere, controllo di tutte le luci da un'unico punto, biglietto di benvenuto personale scritto a mano con penna stilografica, acqua e frutta fresca in stanza sempre a disposizione...


... e poi il bagno in marmo, con la zona della vasca (enorme) e dei lavandini divisa dal resto, a cui si accede da un'altra porta. C'era anche una doccia in vetro con scelta tra getto d'acqua a pioggia dal soffitto oppure normale e con manopola che consentiva di regolare la temperatura dell'acqua scegliendo i gradi (37° fisso per me please!) ;) Ovviamente io mi ero portata da casa latte detergente, spazzolino, cotone struccante, dentifricio, burrocacao ecc.. ma mi sono solo accollata del peso inutile. Qui offrono tutto, e tutto de L'Occitane per giunta! E poi il tocco di classe dello specchio ingranditore con neon circolare per truccarsi (responsabile di avermi fatto scoprire crateri fino a quel momento sconosciuti nella mia faccia) e il miele da bagno alla rosa con i sali per una vasca da re.


Per adesso direi che ho scritto abbastanza. Nella seconda parte vi mostrerò tutti i saloni dell'hotel e vi parlerò della cena (d'altronde era un viaggio gourmet).


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venerdì 20 luglio 2012

Lo sfogo selvaggio


Avviso: il seguente post è anomalo e pure incazzato.

Da dove inizio? E' difficile scrivere con calma e razionalità quando vorresti conoscere i segreti dei riti voodoo per farti una collezione di bambolotti associati ad altrettante persone, aziende, responsabili di siti web e redattori di magazine da torturare. Qual'è il problema? Il problema è che molti di questi pensano che chi possiede un blog sia scemo, o semplicemente ingenuo, e il seguito del problema è che a volte hanno ragione e se ne approfittano. A me, come a molti altri blogger, arrivano proposte di collaborazione non dico ogni giorno ma quasi, eppure come potete vedere non sono poi così tanti i produttori che pubblicizzo e le testate con cui lavoro. Questo perchè la gran parte di loro chiedono pubblicità o materiale vario (articoli, ricette e foto) offrendo in cambio il nulla, che a quanto pare ha cambiato nome e viene chiamato "visibilità", "futuro successo" e "riscontro economico nei prossimi anni"... io a questo punto lo chiamerei anche "sta benemerita cippa" e chiudiamo il cerchio. Noi blogger siamo seguiti, abbiamo lettori fissi, scriviamo con entusiasmo, e pubblichiamo cose che facciamo con passione e tutto questo lo trasmettiamo creando un nuovo modo di comunicazione informale ma diretto ed efficace, tanto quanto e a volte anche di più delle normali testate giornalistiche che pubblicano notizie in modo oggettivo e classico... e le aziende se ne sono accorte benissimo. Però credono che siamo noi a non esserci accorti del nostro potenziale comunicativo e del nostro conseguente valore (cosa che probabilmente per alcuni blogger è vera) e cercano di sfruttarlo. La mia casella di posta elettronica vede spessissimo richieste del tipo: 
-io azienda pubblico il link al tuo blog in una paginetta a parte del nostro sito e tu in cambio metti il nostro banner in home page 
-io casa editrice ti ho selezionato per pubblicare alcune tue ricette e fotografie in un libro, pensa che fortuna sarai in libreria!
- io azienda ti invio due pacchi di farina e in cambio tu tieni il mio logo in homepage per almeno 6 mesi.
- io azienda faccio un concorso su facebook e tu puoi partecipare inviando le tue foto. Sarà il pubblico a votarti quindi invita i tuoi amici ad iscriversi alla nostra fan page (dando magari anche i propri dati personali) e fatti votare! (così noi aumentiamo di visibilità a dismisura ed incrementiamo i contatti per la mailing list. questo è sottointeso ovviamente).
- io testata online ti invito a diventare nostro collaboratore inviandoci articoli e fotografie e tu avrai così la fortuna di vederli pubblicati al di fuori del tuo blog. Pensa quante persone in più vedranno le tue foto!
- io portale online in fase di start-up cerco collaboratori vari, non sono ancora in grado di dare compensi ma ho già tantissimi contatti di aziende che vogliono sponsorizzarsi nel mio sito quindi ci sono buone possibilità che in futuro arrivi qualche spiccio anche per te.

Tra le tante mail ce ne sono state due che meritano il premio "miglior faccia da culo del secolo". 

La prima: una grandissima multinazionale alimentare, probabilmente la più grande di tutte, una multinazionale  che testa i suoi prodotti sugli animali, che è indagata per sfruttamento del lavoro minorile, e che chissà quali altre atrocità combina (dai lo so che avete capito a quale mi riferisco), mi ha chiesto di sponsorizzare la loro marca di tè e la loro marca di gelati confezionati. Non l'avrei mai fatto, nemmeno sotto tortura, ma ero sicura che un bestione di questo tipo, col fatturato spropositato che ha, avrebbe per lo meno cercato di tentarmi con una bella ricompensa... mai ma dico mai, nemmeno dal più piccolo produttore di campagna che lavora in solitaria e che cerca di vedere le sue marmellate, ho ricevuto una proposta di più basso livello economico. Mi hanno offerto 3 buoni sconto del valore di 50 centesimo l'uno da utilizzare nei supermercati per acquistare i loro prodotti.... poi si lamentano se una ragazza usa un linguaggio scurrile e lo invia pure per iscritto.

La seconda: un portale che raccoglie recensioni di locali gastronomici (che tra l'altro seguivo con simpatia e del quale apprezzavo sia i contenuti che la grafica) pubblica un annuncio nella propria home page per cercare collaboratori disposti a scrivere recensioni e fotografare i piatti dei locali. Mi propongo e chiedo info sulla collaborazione. Mi viene risposto che non hanno modo di pagare nessuno, che viene però fatto un test per valutare la qualità della recensione, che dovrò consegnare non meno di cinque scatti, che i pezzi non verranno pubblicati firmati ma in maniera anonima, che vogliono un impegno di almeno 4 recensioni al mese, che i soldi spesi per mangiare quei piatti non verranno rimborsati. Allora rispondo che a queste condizioni non sono interessata e mi permetto anche (ho osato farlo quindi che la furia degli dei si scagli su di me) di dire che mi sembra assurdo non dare nulla in cambio, nemmeno pubblicare il nome dell'autore nel pezzo, nemmeno dare un rimborso spese e aggiungo ancora (me li sto facendo nemici per sempre) che non riesco ad immaginare come facciano ad avere così tanti collaboratori se quelle sono le condizioni, e che loro dovrebbero sentirsi in debito perchè senza questi fessi il sito non sarebbe quello che è.... ora sono sicura che voi non potreste mai immaginare quanta arroganza, presunzione ed insulti contenga la mail che ho ricevuto come risposta. Vi riporto alcune frasi top di quella paternale insulsa e lunghissima che mi hanno propinato: 
"Come ti è venuto in mente di farci la morale. Tu chi sei? Non sei nessuno, quindi non c'è niente in cambio, nemmeno la firma perché è questo il modo in cui quando scrivi scemate non prendi le querele."
"Il nostro è un progetto che mira a diventare un lavoro e non si trattiene in promesse, con tutti, fuorché con quelli che prima di accettare hanno modo di insegnarci come, quando e perché."
"Sai quanto costa rimborsare tutti? Diciamo in media xxxx all'anno. Chi ce li mette? Noi? Non siamo ancora arrivati a quel punto ma avremmo pensato di cominciare comunque il progetto, se non ti disturba." 
"Io sto trasformando il progetto in una azienda che darà in futuro da lavorare alle persone, io ne ho fatto il businessplan e il piano di crescita io, non tu."
"Le persone che collaborano al progetto ci sono, perché a tuo contrario, non hanno innanzitutto pensato di doverci insegnare come fare un prodotto web, né ritenuto opportuno darci una bella lezione di vita." 
Volete sapere qual'è stata la mia risposta? Nessuna opera omerica, nessuna mail che smontasse uno ad uno i punti a cui lui si era appigliato (anche se ne avevo una voglia matta), nessuna parola, ma solo un'immagine, questa: 

per vederla ingrandita e leggere bene tutto andate qui

Per non parlare poi di quei siti che si permettono di prenderti le foto dal blog o da facebook, magari di toglierti pure il watermark, e di usarle a loro piacimento senza chiederti niente. Tanto lo sanno che nella gran parte dei casi uno non ha soldi sufficenti per chiamare un avvocato e fargli causa e su questo ci campano. Il massimo che possiamo fare è scrivere loro una mail chiedendo o di nominarci come autore o di rimuovere la foto. Se ci va bene lo fanno, se ci va male o non rispondono e se ne fregano o ci riempiono di insulti (a me è successo con "La Repubblica")
E in ultimo (che è la cosa più importante di tutte) ci sono blogger che non sanno, non si rendono conto, non ci arrivano col cervello, o non vogliono capire tutto questo e accettano ogni insulsa proposta che gli viene fatta. Magari lo fanno ingenuamente, magari sono solo creduloni, magari non si rendono conto di quanto valga in realtà il loro blog, magari hanno aperto uno spazio online per hobby, per noia e non hanno alcun interesse a tutelarlo o a ricavare guadagno da esso. Ma sono loro che ci fanno il danno più grande, perchè fanno capire alle aziende e alle testate che possono continuare a fare proposte indecenti, perchè tanto qualcuno che le accetta lo trovano, andando a togliere lavoro a noi che lo facciamo si per passione, ma anche con uno scopo finale, a noi che non siamo mantenute da mariti facoltosi, a noi che non facciamo lavori che non c'entrano assolutamente niente con quello che pubblichiamo nel blog, a noi che abbiamo trovato un modo nuovo per reinventarci un lavoro in un periodo di merda e in un paese nel quale quello che hai studiato non conta più nulla ma conta solo chi conosci e a chi passi le mazzette. Il vostro blog di cucina da casalinghe frustrate che copiano le ricette dalla Parodi e che fanno le foto col cellulare, non diventa più figo se ha il logo di una marca famosa accanto, non diventa più interessante se ha una lista infinita di collaborazioni totalmente gratuite da mostrare. Fotografare un piatto per qualcuno che vuole quell'immagine significa prima di tutto cucinarlo (e quindi comprare gli ingredienti), significa impiattarlo con cura secondo certi criteri estetici, significa allestire un mini set composto da fondali, stoffe, legni, carte, piatti e posate sempre diversi e in accordo cromatico e stilistico con il cibo (il che vuol dire che io a casa ho il quadruplo delle cose che servono normalmente a chiunque per mangiare e che me le sono comprate), ed infine significa avere nozioni di fotografia e di illuminazione per rendere in un'immagine in maniera degna quello che si è preparato con tanta cura. Secondo voi tutto questo io lo dovrei fare gratis? Per me, per il mio blog, per chi apprezzo, per chi voglio aiutare, per chi mi sta simpatico, per chi ritengo che ne valga la pena, si che lo faccio gratis. Per tutti gli altri, andate pure a farvi fottere.

Trovare in rete qualcuno che la pensa come me e che si è sfogato scrivendolo chiaramente, è stato un sollievo. Leggere il post di Aurelia mi ha fatto capire che era arrivato anche per me il momento del vaffanculo totale (scusate oggi sono volgarissima) e il momento di prendere parte ad un passaparola per cercare di cambiare le cose in questo ambito. Se avete un blog e siete d'accordo come me, se anche voi non ne potete più, sfogatevi con un bel post del quale vi saranno sicuramente perdonati eccessi, grossolanità, oscenità lessicali e rozzezze varie.

Fatelo che vi fa bene alla salute! ;)

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Aggiunta fatta a posteriori dopo la pubblicazione di questo post.

Dato che fortunatamente ci sono molti blogger che, a quanto emerge dai commenti qui sotto e a quanto emerge dai contatti che ho ricevuto su facebook, sono d'accordo con me, si è creato un giro di post pubblicati per diffondere il concetto il più possibile e mi sembra giusto riportare qui sotto i link a tutti questi giusti sfoghi. Di seguito inserisco i link agli altri blog che hanno voluto dire qualcosa a riguardo e se qualcuno di voi si volesse aggiungere al coro, mandatemi pure il link e lo inserisco in lista tenendo l'elenco in aggiornamento.

il post di Sara
il post della cuochina 
il post di Andrea

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mercoledì 18 luglio 2012

Taste of Roma, alcune anticipazioni



Il Taste, il più grande restaurant festival del mondo nato a Londra dieci anni fa che ha raggiunto il massimo successo a Milano negli ultimi tre anni, quest'anno arriva anche a Roma. Si svolgerà all'aperto nei giardini pensili dell'Auditorium Parco della Musica, si chiamerà ovviamente Taste of Roma, e avrà luogo da 20 al 23 settembre. Alla conferenza stampa di presentazione a cui ho preso parte, sono stato rivelati i protagonisti dell'evento, 12 ristoranti romani d'eccellenza:

Acquolina Hostaria in Roma (chef: Giulio Terrinoni)
Agata e Romeo (chef: Agata Parisella)
All’Oro (chef: Riccardo Di Giacinto)
Giuda Ballerino (chef: Andrea Fusco)
Galss Hostaria (chef: Cristina Bowerman)
Il Convivio Troiani (chef: Angelo Troiani)
Il Pagliaccio (chef: Anthony Genovese)
Imàgo – Hassler Hotel (chef: Francesco Apreda)
L’Arcangelo (chef: Arcangelo Dandini)
Magnolia – Jumeirah Grand Hotel (chef: Kotaro Noda)
Metamorfosi (chef: Roy Salomon Caceres)
Pipero al Rex (chef: Luciano Monosilio)



Ogni chef proporrà tre piatti (in formato assaggio) rappresentativi della propria filosofia culinaria promuovendo ingredienti locali e stagionali. Questi piattini costeranno tra i 4 e i 6 euro ognuno e il pagamento avverrà in sesterzi, da cambiare all'ingresso per facilitare l'organizzazione ed eliminare le casse con le relative file per gli scontrini (cosa che trovo molto saggia e simpatica). Il menù delle giornate sarà completamente a discrezione degli chef e verrà annunciato nel prossimo mese. Il biglietto d'ingresso per il pubblico sarà di 16 euro comprensivo di bicchiere da degustazione e accesso ai corsi di cucina fino ad esaurimento posti (bisogna prenotare). Ci sarà anche un ingresso vip a 55 euro con inclusi 3 piatti, il calice per le degustazioni e open bar nel wine bar. I bambini fino a 5 anni entrano gratis, mentre dai 6 ai 13 anni il biglietto costa 8 euro. Oltre agli chef saranno presenti più di sessanta produttori di cui alcuni internazionali (a quanto pare ci saranno sorprese sopratutto dalla Svizzera). Il primo giorno, giovedì 20, il Taste aprirà solo per cena dalle 19.00 alle 24.00 mentre nei seguenti giorni rimarrà aperto anche a pranzo. Nell'arco delle quattro giornate si alterneranno oltre 100 eventi interattivi tra i quali showcooking, corsi, degustazioni ed incontri. Per capire come trasportare nella capitale un evento di questo tipo è stato necessario un parto lungo tre anni, gestito e definito dall'inglese Brand Events (inventori del Taste) e Carlo Fuortes (amministratore delegato dell'Auditorium). Taste rispetterà l’ambiente proponendo stoviglie interamente biodegradabili e compostabili prodotte in Italia con materie prime di origine vegetale derivate da risorse rinnovabili, che alla fine di tutto verranno trasformate in fertilizzante naturale. I biglietti d'ingresso si possono acquistare su www.tasteofroma.it oppure tramite la rete LisTicket.


Alla fine della conferenza ci è stato offerto un brunch estivo e sfizioso accompagnato da prosecco (era una giornataccia torrida e ci voleva proprio) e una scatolina regalo con all'interno alcuni prodotti degli sponsor  e dei produttori che saranno presenti al Taste, tra i quali una bustina di ottimo tè proveniente dal bellissimo negozio Tè e teiere di Alessandra (ve ne avevo già parlato qui). Se i produttori presenti a settembre saranno tutti del livello e della professionalità di Alessandra sarà sicuro una delizia girare per gli stand e scoprirli. Alla fine la cosa che mi piace molto di questo genere di eventi, oltre al poter assaggiare i piatti degli chef, è proprio la possibilità di trovare eccellenze e produttori minori degni di nota.



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martedì 17 luglio 2012

Idee in tavola è in edicola... e ci sono anch'io


Da qualche giorno è in edicola il primo numero di Idee in Tavola, una nuova rivista di cucina che uscirà a cadenza mensile. Per la maggior parte è composta da ricette ed è proprio di alcune di queste che mi sono occupata io, ovviamene assieme alle rispettive fotografie. Le altre invece sono di Elisa, e sono contentissima di collaborare con lei scambiandoci pareri sul lavoro.


Nel magazine trovate anche rubriche varie tra le quali una di Daniela (sul come dimagrire naturalmente senza bisogno di fare diete) e una di Stefano (sulla carne e sui tagli da scegliere). In questo momento sto già sistemando il materiale per il numero di Agosto e Settembre. 


Buona lettura!

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giovedì 12 luglio 2012

La Puglia e le sue eccellenze all'Hotel St Regis



Sono in ritardissimo con questo post (strano eh?) ma il motivo è più che valido: sono stata impegnata con un viaggio enogastronomico da favola dalle parti di St. Moritz che presto vi racconterò. Questo è stato uno degli eventi della serie "Per tutti i gusti", organizzati da Carlo Vischi, eventi nei quali viene presentata una regione con i suoi prodotti e produttori d'eccellenza. Questa volta era il turno della Puglia con l'Hotel St. Regis e il suo ristorante Vivendo come location, un lussuoso albergo a pochi metri da piazza della Repubblica.


Abbiamo iniziato con una dimostrazione di cake design da parte di Giusy Verni, pugliese con esperienza americana in tema di pasta di zucchero e con un'attività aperta nella sua regione d'origine. Ha realizzato una torta a tema ricreando una sorta di tovaglia con un piatto di orecchiette, olive e taralli, tutti in zucchero. E' stato interessante vedere quali sono i materiali commestibili con cui realizzare queste composizioni e come superare i problemi pratici del fissaggio e della durata nel tempo. Ci ha mostrato la ghiaccia reale (un mix di albumi e zucchero) utilizzabile come collante per i decori e per non far scivolare la torta nel piatto, ci ha insegnato come lavorare la pasta di zucchero (che non va mai messa in frigo altrimenti si ammordisce con l'umidità) e ci ha svelato che per mantenere la torta il più a lungo possibile bisogna rivestire il pan di spagna di crema al burro in modo da isolare l'interno dal rivestimento decorato. Tutto questo mi ha incuriosito molto in quanto sono tecniche made in Usa molto distanti dal nostro modo di fare torte più "casarecce" ed imprecise. Però mi ha fatto anche pensare alla dose di dolcezza molto forte che una preparazione di questo tipo necessita per le motivazione dette prima. Nonostante le precauzioni prese da Giusy per non renderla eccessiva penso che questo tipo di torte non faccia per me, d'altronde se nei dolci mi piace tantissimo l'asprigno dei frutti di bosco...


Poi è stato il turno della pasta, rappresentata in modo eccelso dal pastificio salentino Benedetto Cavalieri (di cui vi parlerò meglio tra poco) e dalle orecchiette fatte a mano da Sara Latagliata, una neoblogger che vuole diventare chef e che sta cercando di riportare in auge delle cene pugliesi in stile medioevale associandole ad altre espressioni artistiche dell'epoca.


A vederle fare da lei sembrano facili, ma dubito che lo siano realmente... prima o poi proverò! Il segreto sta nel saper fare il giusto movimento con il coltello per arricciarle, e poi con le dita per rovesciarle.


Il vino era quello della casa vinicola Tormaresca (pugliese ovviamente) che ci ha dissetato con queste bottiglie: Puglia IGT Chardonnay 2011, Salento IGT Fiano Roycello 2011, Puglia IGT Rosso Neprica 2010,Salento IGT Primitivo 2010 e Moscato di Trani Kaloro 2008.


Poi siamo passati all'antipasto servito in quella che era la champagnerie dell'hotel, rinnovata e adibita a sala del ristorante mantenendo le tonalità dell'oro e del beige, e con dei punti luce simili a calici rovesciati che scendono da una sorta di vassoio decorato attaccato al soffito.


Qui l'ha fatta da regina indiscussa la burrata del caseificio Dicecca di Altamura, in mano alla stessa famiglia da quattro generazioni. Se sapessi scrivere componimenti farei un ode a questa prelibatezza: niente a che vedere con le burrate di qua, nessun tono acido, sapore e consistenza cremosissimi dell'interno, quantità spropositate di latte che fuoriescono ad ogni ferita da forchetta inferta, e parte esterna resistente ma assolutamente non dura come quelle a cui siamo abituati. Me ne son mangiate tre (ma si può???). Ma i Dicecca non si limitano alla burrata e ci hanno portato persino la loro ricotta... anche in questo caso una cosa meravigliosa, che ve lo dico a fà! Poi tenete conto che io sono una cheese addicted di quelle senza ritorno. Il resto dell'antipasto era composto da focacce e bicchierini con polpo e patate al basilico.


E dopo tre burrate sono passata alla cena vera e propria preparata dallo chef dell'hotel (si lo so faccio schifo): 
- ruote pazze del Pastificio Cavalieri con passata di pomodoro, cacioricotta grattuggiato e basilico fresco (2 piattini spazzolati)
- orecchiette con vongole e alici (come ormai sapete non mangio molluschi quindi le ho solo fotografate)
-  filetto di agnello con patate e salsa al pistacchio (3 piattini grazie!)
- spuma di ciliegie con gelato di ricotta e tarallo dolce come base (3 se non 4 porzioni, un dolce davvero particolare e attraente)


E il bello è che la parte migliore arriva adesso: sto per andarmene, saluto tutti, ringrazio, faccio i complimenti, mi avvicino all'uscita, e lì c'è il signor Andrea Cavalieri in persona che mi omaggia della sua pasta. Con tono gentile e voce bassa dice: "è una pasta speciale, bisogna aspettare molti minuti perchè sia pronta" poi quasi come per scusarsi per la lunga cottura prevista aggiunge: "fidatevi e abbiate pazienza, vedrete che vi ripagherà". Le ruote le avevo provate durante la cena e ne ero rimasta positivamente colpita, ma una volta a casa provare gli spaghettoni, lunghissimi e spessi come bucatini (ma senza foro, tutta sostanza) è stato amore supremo. Mai provata una pasta così: con la curva da essiccatura intatta, porosissima, durante la cottura rilascia una finissima patina vellutata che la rende perfetta appena scolata, come se fosse già stata mantecata in padella o addirittura risottata. Questa morbidezza della parte esterna dello spaghettone si sente subito in bocca, seguita velocemente dalla consistenza al dente della parte più interna. E' di cottura lenta, siamo sui 16 minuti, ma li vale tutti, ne varrebbe pure 30. Nella confezione ci sono le istruzioni per l'uso, ad indicare che non è uno spaghetto per comuni mortali: sale marino, seguire la cottura senza allontanarsi dai fornelli e mescolando spesso (per via di quella cremosità che vi dicevo si attacca facilmente alla pentola), tenere l'acqua sempre in ebollizione (non è una pasta da cottura passiva per la quale si può risparmiare gas). I 16 minuti sono un po' indicativi, nel senso che non è il caso di mettere il timer ma è bene provarla per constatarne la cottura. E come ultima indicazione precisano: "servite subito, sua maestà la pasta non può attendere!" E hanno ragione, lo spaghettone Cavalieri è veramente il re della pasta, il più buono che abbia mai mangiato.




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sabato 7 luglio 2012

Il Burlesque Racemi e le fragoline di Nemi




Bella la bottiglia vero? Una meraviglia! E il contenuto è anche buono, anzi buonissimo. E' un brut rosè di Racemi, una casa vinicola pugliese che ringrazio per avermi inviato alcuni di questi splendori. Burlesque è il nome che hanno scelto per questo vino, e basta provarlo per capire perchè: frizzantissimo, profumato di ciliegie e frutti rossi, di un colore rosa intenso e un sapore morbido nonostante le bollicine che ti solleticano la lingua (la descrizione di una performer burlesque non si distacca molto da questa).



Ve lo segnalai anche qui, quando lo provai durante la serata del Gambero Rosso dedicata ai rosè italiani. Purtroppo (o perfortuna) è una produzione limitata a 5000 bottiglie, un negramaro in purezza protetto da un tappo a corona rosa anche lui. La bottiglia è rivestita da una sottile patina trasparente con una texture che vuole ricordare la lingerie femminile lasciando vedere il colore del vino.



Hanno osato con il tappo a corona (ancora poco apprezzato per i vini dagli europei, ma estremamente comune negli altri continenti). Questo tipo di tappo è in grado di conservare perfettamente le proprietà organolettiche del vino ma risente di un grosso problema di estetica. La bottiglia di vino prestigiosa e di tradizione non sembra adatta a questa scelta e si continua a preferire l’opzione sughero per dare più serietà al prodotto. Figuratevi che quanto noi italiani ci stupiamo per un tappo così su un vino, altrettanto gli americani si stupiscono del sughero (cosa rara e preziosa per loro). Alla fine il sughero viene prodotto dalla corteccia delle querce e se si può fare a meno di squoiarle senza perdere le qualità del vino... perchè no? Magari la corona non è adatta a tutti i vini ma per bottiglie di questo tipo e per vini non da invecchiamento, io non sono affatto contraria.


All'inizio ho cercato qualche piatto da abbinare a questo brut, ho pensato a qualcosa con la frutta (ma evitando bene gli agrumi). Poi mi sono venuti in mente aperitivi vari, antipasti e finger food. Ci starebbero bene anche frutti di mare e pesce crudo (se solo li mangiassi) e zuppe. Ma alla fine ho ceduto e l'ho usato per un cocktail, semplice semplice per non coprirne troppo il sapore. Per prepararlo ho utlizzato le famose e saporitissime fragoline di Nemi (prese proprio al paese nel giorno della sagra delle fragole).


La sagra di Nemi la scoprii per caso 3 anni fa, girovagando d'estate col motorino per i castelli romani: arrivai in paese in piena festa (un deliro di persone drogate di fragoline, funghi porcini, e salumi vari... poteva essere il paradiso!). Quest'anno ci sono tornata apposta in un orario utile per evitare la folla e devo dire che ha funzionato: il paese era vuoto, mi sono fatta una passeggiatina panoramica sul lago vulcanico, mi sono mangiata una pannacotta fragolosa e ho raccimolato qualche cestino di fragoline da portare a casa (ora alcune sono nel mio freezer assieme a more, lamponi e mirtilli aspettando la morte in qualche dolce). Vi lascio la ricetta (se così si può chiamare) del cocktail a cui non ho dato un nome.... la creatività per i nomi ha sempre scarseggiato in me.



Dosi per : 1      Difficoltà : facilissima   Tempo : 2 min
Ingredienti :
  • 2/3 di Burlesque Racemi (o di un altro brut rosè)
  • 1/3 di nettare di fragole
  • 5-6 fragoline di Nemi (o fragoline di bosco)
Procedimento : 
Lavate le fragoline e mettetele nel flute. Versate il nettare di fragola fino a rimepire 1/3 del bicchiere (io ho usato questo che adoro, preparato da un signore che vende frutti di bosco e marmellate al mercato di S. Teodoro). Poi riempite il resto del bicchiere col brut. Potete servirlo anche con un cucchiaino dal manico lungo per prendere meglio le fragoline. Consiglio: non lasciatele alla fine del bicchiere ma mangiatele mentre sorseggiate... è più buono così!

P.S.: Se vi state chiedendo come mai ho tale confidenza con il mondo burlesque da capire che nome più azzeccato per questo vino non poteva esistere, beh... no, non mi trasformo in pin up durante la notte ma ho una carissima amica che invece lo fa, e che mi ha fatto conoscere altre sue colleghe. Le ho seguite per un periodo fotografando i loro show e scattando nei camerini mentre si reinventavano donne sensualissime, piene di rossetto, tatuaggi e pizzi. Vi lascio alcune foto di scena fatte in quei giorni.








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mercoledì 4 luglio 2012

Il frascati e gli altri vini della famiglia Pallavicini


Un paio di settimane fa (forse qualcosina in più) sono stata invitata dall'azienda vinicola "Principe Pallavicini" per degustare i loro vini e vedere la cantina con le vigne di Colonna, un paesino dei castelli appena fuori Roma (zona tipica del Frascati), che rappresenta il cuore della loro produzione.


La giornata non è stata delle migliori purtroppo. Mi sono svegliata prima del previsto per colpa della pioggia che batteva sulla finestra. Così ho telefonato chiedendo se la visita fosse rimandata o no... la risposta è stata assolutamente no! A quelli dei castelli se piove o no poco importa, al massimo il giro della vigna salta, ma la cantina e la degustazione programmata non si toccano. Mi piace, belli ruspanti come si addice all'interland romano.


Fortunatamente la pioggia non è stata continua, andava e veniva, e ci ha permesso di stare un po' all'aperto nel parco davanti all'ingresso della cantina, dal quale si vede gran parte delle loro terre (90 ettari di cui 65 a vigneto).


Le tenuta è protetta da antiche mura di cinta e da un cancello in ferro battuto. Dentro sono tutte stradine sterrate affiancate da ulivi, cipressi e rose, che rendono i filari ancora più affascinanti. Per chi non lo sapesse, i coltivatori francesi da sempre piantano rose accanto ai filari perchè segnalano in anticipo di circa una settimana eventuali malattie della vite.


Ci ha fatto da cicerone il signor Mauro De Angelis, agronomo dell’azienda e presidente del consorzio per la tutela del Frascati doc. Ci ha parlato dell'attività della famiglia Pallavicini, nobile casata che si occupa di vino dal 1600 (quando il frascati era considerato il "vino del Papa") e che tutt'ora produce 550.000 bottiglie all'anno divise tra 6 tipi di rosso, 4 bianchi e un vino dolce.


Dopo il breve giro all'aperto siamo scesi all'interno delle grotte nelle quali ogni vino si affina e si forma, grotte molto scenografiche che si intrecciano con un antico tratto dell’Acquedotto Claudio del 54 d.c.


Infine ci siamo spostati nella loro "Osteria della Colonna" per la degustazione, un vecchio casale del '500 ristrutturato e pieno di storia, arredato con antiche botti, grandi vasi in terracotta, tavolate di legno e tovaglie a quadri rossi e bianchi (la zona non si smentisce mai).


L'enologo ci ha parlato un po' dei loro vini e ce ne ha fatti assaggiare 9, uno dietro l'altro, partendo dai bianchi, poi i rossi, e finendo col passito. Ammetto che è stata dura provare 9 vini così a secco. Lo sapete, io non sono una di quelle che usa la sputacchiera (quale immane spreco), ma in questo caso per alcuni rossi devo ammettere di averlo fatto, pena grandi figure di m...a da ubriachezza pesante. 


Ho provato a farmi versare direttamente poco vino ma l'enologo era molto generoso... i miei "grazie ma proprio un goccio per provare" non sono serviti a nulla (ai castelli so fatti così, che ci volete fà, gente di sostanza ed abbondanza). Solo alla fine, dopo il passito, ci hanno portato porchetta, pomodori secchi, verdure grigliate e le mitiche coppiette.


Le coppiette sono delle striscioline di carne essiccata di suino o di cavallo tipiche del lazio, che venivano vendute nelle osterie o da venditori ambulanti assieme ad un bicchiere di vino rosso. Era un modo per conservare e trasportare la carne per lungo tempo nei periodi invernali, durante la transumanza. Ora sono pochissimi quelli che usano carne di cavallo per farle mentre all'epoca i pastori usavano preparla con la carne dei loro cavalli che decedevano durante gli spostamenti.


I vini degustati erano in quest'ordine:

Poggio Verde - Frascati Doc Superiore - 2011
La Giara - Malvasia Puntinata del Lazio 100%
1670 - Malvasia e Semillon - 2010
Soleggio - Cabernet Sauvignon - 2010
Rubillo - Cesanese
Syrah - 2010
Amarasco - Cesanese - 2007
Moroello - Merlot e Sangiovese - 2007
Stillato - Malvasia Puntinata del Lazio 100% - 2010

Lo Stillato (il passito) è stato il mio preferito, e penso sia proprio il fiore all'occhiello di tutta la produzione Pallavicini.


Prima di andare via, Mauro De Angelis in versione più sciolta e goliardica rispetto all'inzio della visita (sarà per la confidenza presa mano a mano e per il vino degustato) è stato così gentile da offrirci anche dello champagne (non di loro produzione ovviamente) e del liquore di genziana. Un ringraziamento particolare va a Claudia che ha organizzato l'evento e che è stata così gentile da invitarmi.


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