lunedì 29 aprile 2013

Ristorante con vista per il raduno delle galline gnocche del food!



Il titolo è la traduzione in lettere delle prime due foto di questo post. Ristorante con vista super + super bloggalline in raduno. La storia è questa: alcune food blogger sparse in giro per l'Italia si erano stufate di conoscersi e parlarsi unicamente tramite commenti sui blog, chat su facebook e mail. Così si sono organizzate per vedersi durante il ponte di fine aprile a Roma e hanno ironicamente pensato di darsi l'appellativo di "galline" e di conseguenza "bloggalline" (ho riso tre ore quando ho letto il nome del gruppo!). C'è chi è arrivata il giorno prima, chi si è aggiuta dopo ma il clou dell'incontro è stato questo che vedete, un pranzo buffet in un posto bellissimo, il ristorante Aroma dell' Hotel Palazzo Manfredi che ci ha gentilmente ospitate, o per meglio dire che ha accolto l'invasione dato che eravamo tantissime.


L'hotel è proprio di fronte al Colosseo e la terrazza coperta in cui abbiamo pranzato lascia davvero senza parole. Passo sempre lì davanti da 10 anni, ma visto così, dall'alto dell'ultimo piano, devo dire che ti incanta, anche con una giornata da bufera come quella dell'altro giorno. Ora io vorrei far notare una cosa, tanto per dire... ma le avete viste bene le donne nella foto qui sopra? Ne vedete una brutta e che non ride? No, appunto. Quando le donne amano il buon cibo, il mangiare bene e riescono ad organizzare una cosa così, sono affascianti per forza, felici e di conseguenza bellissime. Gli facciamo un baffo alla pubblicità della Dove per la "natural beauty". E pure a quelli che si ostinano a dire che le amicizie virtuali non sono sincere come le altre... per quel che mi riguarda ho conosciuto tante splendide persone grazie ad internet, di così tante città diverse che mai sarei riuscita a fare altrettanto senza il blog e i social network. 


Per aver avuto la possibilità di pranzare in questa meraviglia di posto bisogna ringraziare innanzitutto Monica Zacchia che ha fatto da ottimo intermediario, poi l'ufficio stampa di Aroma, e infine lo chef Giuseppe Di Iorio che ha preparato un lunch buffet "rinforzato" (noi siamo gente che magna e l'ha capito subito) completo dall'antipasto al dolce.


Che da lassù si vedesse il Colosseo lo sapevo, ma che grazie al vento della bufera in arrivo l'aria fosse così limpida da vedere in lontananza anche altre bellissime cupole di Roma fino a quella di S.Pietro sinceramente non me l'aspettavo. E non mi aspettavo neanche che entrando un gentilissimo signore dell'hotel mi accompagnasse all'ascensore chiamandomi "madame" ;)


Il menù (che è stato a sorpresa fino all'ultimo) era questo:

      Antipasti
-    millefoglie di melanzane e zucchine con ricotta emulsionata al basilico
-    involtini di pesce spada farciti con provola piccante e pomodorini confit
-    insalatina di ricciola con fagiolini, patate e olive taggiasche
-    magatello di vitello con misticanza, parmigiano reggiano e riduzione di aceto balsamico

     Primo
-   risotto agli spinaci al profumo di agrumi e fiori eduli

    Secondo
nocetta in crosta di asparagi e mandorle

 
Noi eravamo tante e il ristorante non avrebbe potuto ospitarci tutte sedute ai tavoli così hanno organizzato un tavolo buffet sulla saletta centrale, alcuni tavoli con sedie nella terrazza coperta, e altre poltrone di vimini e divanetti nella seconda terrazza con vista sul Colle Oppio.

  

Tra queste portate quella che mi è piaciuta di più è stata il risotto (vabbè io vado matta per i risotti) e questo era proprio fresco, profumato e cremoso.

  

Prima dei dolci ci servono anche il piatto novità, l'ultima creazione dello chef che abbiamo potuto assaggiare in anteprima: 

      Novità dello chef
-    cappelloti di panzanella e baccalà alla romana su coulis di pachino confit e basilico

 

La panzanella è realizzata con la focaccia al posto del pane raffermo e viene accompagnata da un classico della cucina tradizonale romana come il baccalà, il tutto racchiuso in un raviolo decisamente insolito.


Ed infine arriva il menù dolce:

     Dolci
-    macaron al lampone
-    tartellette di frutta fresca
-    cannoli con crema pasticcera
-    mousse di cioccolato all'agricanto
-    panna cotta con salsa di fragole
-    torta caprese



Per far fuori tutto questo, tra chiacchiere, aneddoti, presentazioni e risate abbiamo impegato 3 ore durante le quali facevo avanti e indietro dalla terrazza secondaria (sede delle fumatrici croniche) a quella principale  (dove si era stabilizzato in pianta fissa chi non voleva perdere di vista il famoso colosso neanche un secondo).


Nominare tutte le blogger presenti significherebbe fare una lista enorme visto che eravamo una sessantina. Posso però dire di aver ritrovato con piacere le romane compagne di eventi e grandi mangiate (Claudia, Elisa, Patrizia, Monica, Silvia), di aver conosciuto Chiara una siciliana adottata romana che ha parecchio a che fare con Vice (una delle mie gelaterie romane preferite).


Di aver visto in faccia una dolcissima donna (Sabrina) che lì per lì nemmeno ho riconosciuto (maledettissime immagini del profilo facebook), di aver saputo dell'esistenza di una esuberante tailandese dal sorriso a mille denti (Vatinee), di aver scambiato parole e sguardi con altre (Vale, Roberta, Silvia, Elena) e di aver saputo in ritardo massimo a fine giornata che c'era anche Chiara che sul treno del ritorno verso casa leggeva la mia rubrica di food-photography :)


Mi sarebbe piaciuto parlare con tutte ma 60 persone in 3 ore non era possibile, e chiedo scusa preventivo per tutte le altre che non ho nominato. Non capite quanto mi abbia fatto piacere vedere persone così allegre e curiose, veramente interessate a quello che fai, che chiedono, si informano e ti riempiono di complimenti... a momenti mi sono anche imbarazzata, lo ammetto :)


Chiudo ringraziando tutti per la bellissima giornata, le ragazze e lo chef, che abbiamo sicuramente stressato considerando che lavora in una piccola cucina di 13 metri quadrati (ma con super vista ovviamente).


... e tanto per essere fortunate ha iniziato a diluviare appena siamo uscite dall'hotel, ma a quel punto eravamo tutte così contente che ce ne importava davvero poco.


P.S.: Una piccola chicca. Vista la zona centrale e il rischio pioggia sono andata al pranzo in tram, il traffico impazzisce col tempaccio e per trovare un parcheggio da quelle parti si rischia l'infarto. Nel suddetto tram, il n°3, alla fermata Colosseo, ho assistito ad uno scambio di battute esilarante ma vero tra due turisti presumibilmente lombardi. Ve lo riporto per dovere di cronaca:

turista 1 - "oh ma è il colosseo questo?"
turista 2 - "no ma che dici! è una cosa simile ma non è"
turista 1 - "ma sei sicuro? non sapevo ci fossero cose simili al colosseo"
turista 2 - "ma certo! Roma è tutta un arco e una colonna, è piena di cose così. E poi questo è piccolo, il Colosseo è enorme. Non ti ricordi sul film il Gladiatore quant'era grande? Come fai a confonderti!"
turista 1- " Ah già hai ragione, fortuna che sei venuto in vacanza con noi, così ci fai da guida, io se no mi ero già perso"

L'ho sempre detto io che i brutti film rovinano il mondo... se poi i brutti film li vedono i cretini è la fine. Per un attimo sono stata tentata di dire loro "Sveglia è questa la vostra fermata se volete vedere il Colosseo, è quello lì. Quanto lo volevate enorme, non vi basta?" Ma mi sono trattenuta. Ho pensato che la giusta punizione fosse farli continuare sul tram fino al capolinea col muso attaccato al finestrino a cercare il loro colosseo gigante.


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mercoledì 17 aprile 2013

Orange upside down cake come dico io - ovvero torta rovesciata alle arance super delicata e soffice (senza latte né burro)



Questo post è un po' in ritardo, lo ammetto. E' finalmente arrivata la primavera (anche se ha fatto freddo fino a pochi giorni fa) e io vi posto una torta alle arance, un frutto invernale. Ma che ci volete fare, ho parecchi lavori ultimamente (per fortuna!) e alcune cose mi sfuggono. Ho in archivio una quantità di ricette e fotografie vecchie mai pubblicate che nemmeno potete immaginare. Anzi a dirla tutta ormai sto talmente tanto in cucina per preparare ricette fornitemi dai clienti per fotografarle, che ho poco tempo per farne di mie nuove, di quelle che vorrei preparare solo perchè mi piacciono e basta.



Questa torta però non volevo lasciarla nel cassetto perchè era venuta troppo buona e troppo bella, perchè è fatta con le arance siciliane meravigliose dei Contadini Per Passione di cui vi avevo già parlato qui, perchè non è una delle solite orange cake americane con burro, o mandorle o marmellata, e perchè in queste foto c'è un graditissimo ospite che, tra le altre cose, mi ha fornito l'alzata e il piattino che vedete: Vetri delle Venezie.


Queste arance sono speciali non solo per il sapore ma anche perchè hanno una buccia così tosta e profumata che le fanno mantenere perfettamente per settimane e settimane. Questo post è in ritardo ma non poi così tanto come potreste immaginare, nel senso che avendo questi frutti meravigliosi da parecchio tempo data la notevole quantità che mi era arrivata, ho preparato la torta con le ultime arance rimaste ed erano ancora perfette come appena ricevute. Con tutte le altre mi sono fatta una valanga di spremute, ho preparato alcuni piatti salati interessanti e non ho buttato via nemmeno una scorza. Sarebbe stato un sacrilegio dato il loro profumo inebriante così la maggior parte le ho essiccate con tanta pazienza lasciandole per alcuni gironi sopra tutti i termosifoni di casa per poterle poi usare per infusi e tisane, altre le ho candite e con una buona parte ci ho preparato litri di arancino alla vaniglia. Per questa torta invece non ci sono stati "avanzi" perchè le arance andavano affettate intere.


Riguardo all'ospite di questo post invece posso dirvi che ho scelto di collaborarci non solo per la bellezza dei prodotti, ma anche per la loro scelta di fare un made in Italy con lavorazioni manuali di estrema qualità che si concretizzano nella produzione di oggetti in vetro puro, limpido e perfetto, senza difetti. I loro prodotti vengono sottoposti a vari controlli a tutti i livelli della filiera, e a test di laboratorio per verificare la resistenza e la trasparenza al top. Scelgono una materia prima completamente priva di impurità, il vetro “extra white” per intenderci, privo di sfumature e con un'elevata lucentezza. Inoltre la sua riciclabilità è al 100% grazie alla totale assenza di piombo. Quante volte mi è capitato di cercare props adatti per presentare bene sia le mie ricette che quelle che fotografo per lavoro, e quante volte ho trovato oggetti realizzati con evidente poca cura, sopratutto quelli in vetro. Ho trovato alzate storte, piene di bolle d'aria all'interno, oggetti troppo leggeri per svolgere bene la loro funzione, e a volte mi sono ritrovata a prenderli comunque per fretta o perchè non riuscivo a trovare altro in quel momento e poi a passare tempo in postproduzione a sistemarli nell'immagine. Ma nella realtà rimanevano così. Se si devono avere oggetti non solo per allestire i set fotografici come succede a me, ma magari anche per tenerli ed usarli in casa, comprarne di buoni, belli e che durino nel tempo è un obbbligo a meno di non volerli ricomprare ogni 3 mesi.


Vetri delle Venezie ha varie linee e tipologie di oggetti in vetro, colorati, trasparenti, decorati, lisci e per mio gusto ho scelto di fami mandare tutti oggetti molto semplici, dalle linee pulite ed eleganti, per poterli utilizzare anche con preparazioni e set diversi. Mi piacciono le cose semplici e trovo che quando una ricetta è ben fatta e ben presentata di suo non abbia bisogno di accessori troppo vistosi attorno, ma anzi necessiti di una semplice eleganza per venire esaltata. L'alzata che vedete è estremamente pulita nelle linee e non troppo alta, perfetta per una torta a metà tra il rustico e il raffinato come questa, che ha già un forte colore acceso di suo. Questa alzata pesa, il piatto è spesso e resistente così da poter sorreggere facilmente ache torte più complesse e "sostanziose". Il bello è che guardandola da l'idea di leggerezza e delicatezza, ma tenendolandola in mano da l'idea di resistenza e forza per via dello spessore del vetro e del peso. Il vetro di Vetri delle Venezie sopporta sbalzi termici superiori ai 200 C°, è utilizzabile in microonde, lavabile in lavastoviglie senza perdere brillantezza nel tempo e resiste agli impatti in modo molto superiore ad altri. Il piattino nel quale ho messo la fetta di torta in realtà è la base di una burriera, sempre loro omaggio, completata da un bella cupola a base quadrata. Visto che ultimamente sono diventata una drogata di burro salato da spalmare sul pane prima di inziare la cena, sapete che fine fa quella bella burriera ;) Inoltre tra i loro prodotti ho scelto anche il bicchiere che vedete in fondo al post, con base e gambo trasparente ma calice bianco opaco. E' un bicchiere da acqua anche se ha la forma da vino e mi è sembrato davvero un bell'oggetto da mettere in tavola, moderno e originale.


Per quanto riguarda la torta invece, ho modificato parecchio la ricetta classica, cambiando completamente la base e lasciando lo stesso procedimento per le arance caramellate. Volevo una base soffice e leggera, senza burro nè latte, per poterci fare sia colazione che merenda a grandi fette senza troppi rimorsi. Così la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la semplicissima torta allo yogurt che fa mia madre da anni, solo con uova, olio e yogurt per l'appunto. Le dosi degli ingredienti hanno come unità di misura il "vasetto" dello yogurt al posto di grammi o decilitri, nel senso che dopo aver utilizzato lo yogurt si misurano i restanti ingredienti versandoli nel vasetto rimasto vuoto. Questo rende tutto indubbiamente più semplice e veloce. Altra variante è che ho aggiunto i semi di vaniglia allo zucchero per caramellare perchè arancia e vaniglia assieme mi hanno sempre mandato fuori di testa! La torta è in versione upside-down, cioè sottosopra perchè le fette di arance caramellate vanno disposte sul fondo dello stampo, va aggiunto poi l'impasto della torta, messo tutto in forno e una volta cotta la torta va proprio rovesciata per essere servita. Vi lascio la ricetta e spero che, se anche adesso non trovate più arance e non potete rifarla, vi rivenga in mente di prepararla appena ritornerà un po' di freddo ;)


Dosi per : 6 persone      Difficoltà : facile     Tempo : 40 min di preparazione + 30/40 min di cottura

Ingredienti per le arance caramellate alla vaniglia :
  • 220 gr di zucchero semolato
  • 125 ml d'acqua
  • una bacca di vaniglia
  • 2 arance bio (dovete mangiarvi anche la buccia quindi non devono essere trattate)

Ingredienti per la base :
  • un vasetto di yogurt bianco da 125 gr
  • 3 uova
  • 2 vasetti di zucchero
  • 3 vasetti di farina
  • mezzo vasetto d'olio di semi di arachide
  • una bustina di lievito per dolci
Procedimento : 

Prima di tutto bisogna caramellare le arance: mettete lo zucchero, l'acqua e i semi della vaniglia in una pentola dal fondo spesso a fuoco medio. Mescolate bene fin quando lo zucchero non si sarà sciolto completamente. Aggiungete le arance tagliate a fette sottili con tutta la buccia. Se volete potete mettere anche la bacca di vaniglia rimasta vuota per caramellarla e usarla alla fine come decorazione. Lasciate bollire per circa 20 minuti finchè le arance non diventano morbide e ben caramellate. Togliete la pentola dal fuoco e distribuite le fette sul fondo di uno stampo da forno di 26cm di diametro aggiungendo anche un po' del caramello rimasto nella pentola. Se vi avanza altro caramello potete tenerlo da parte per versarlo sulle singole fettine di torta quando le servite.

Per preparare la base della torta sbattete con una frusta elettrica le uova con lo yogurt e lo zucchero. Poi aggiungete la farina, l'olio e il lievito sempre continuando a mescolare fino ad avere un composto omogeneo.

Infine versate il composto nello stampo sopra le fette di arancia e cuocete in forno preriscaldato a 180° per circa 30-40 minuti. Fate la prova dello stecchino per verificare la cottura. Sfornate la torta, lasciatela raffreddare e rovesciatela su un piatto da portata o su un'alzata. Se avete caramellato anche la bacca di vaniglia mettetela al centro della torta.

Già che ci sono vi lascio pure due foto fatte al volo alcuni mesi fa delle scorze di arancia in infusione con l'alcol e di una delle tante bottigliette di arancino che ne sono venute fuori :)






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martedì 16 aprile 2013

Le parole del formaggio


 

Sabato ho avuto modo di partecipare alla presentazione di un libro sui formaggi, ma non un libro sulla classificazione dei vari tipi di formaggi come ne esistono molti, bensì una sorta di glossario per appassionati con tutte le parole che servono per descriverlo, che fanno parte della sua storia e dei suoi metodi di produzione, ma anche parole legate alla sua degustazione.


Io sono una grandissima mangiatrice di formaggi, li adoro e so riconoscere a gusto quali ritengo validi e quali no ma spesso (come succede a chi non è esperto) non so spiegare a parole il sapore e non so dire il perchè mi piacciano o meno. Questo libro sicuramente da una mano in questo senso, anche a riconoscere i difetti dei formaggi, a capirli non solo dal gusto ma anche dall'osservazione e dal profumo, riconoscere i mesi di stagionatura e così via.

 

Il libro in questione si chiama appunto "Le parole del formaggio" ed è stato scritto da Bruno Pistoni, noto selezionatore di formaggi, e da sua figlia Emanuela Pistoni, che ha la stessa passione del padre per i formaggi e per il vino. Dentro vi si trovano più di 600 termini che ruotano attorno al mondo del formaggio, alle sue tradizioni, ai suoi profumi e ai suoi sapori.


La presentazione ha avuto luogo all'interno di Bancovino, un piccolo locale delizioso in zona Prati a Roma che non conoscevo. Emanuela Pistoni non a caso è anche la maître fromager di questa piccola "enoteca-cucina". Qui ho notato con piacere che si possono trovare in vendita, disposti a tutta altezza sugli scaffali neri delle pareti, alcuni prodotti selezionati e di qualità che già conoscevo e che trovo davvero ottimi. Fa sempre piacere vedere che ci sono molti posti a Roma in grado di scegliere e proporre al cliente prodotti veramente validi.


Bruno ci ha parlato del libro in modo molto entusiasta ed appassionato, ci ha fornito molti aneddoti, informazioni e qualche chiarimento, come il fatto che quello che i più considerano un difetto di alcuni formaggi stagionati, in realtà è un pregio: i puntini bianchi più compatti che spesso si vedono nel parmigiano ad esempio, sono solo un buon segno! Quando li vedete non li evitate ma fate il contrario :)






















Dopo la presentazione abbiamo degustato alcuni formaggi scelti da Emanuela accompagnati da un calice di Rosa Merlot 2011 di Cantine Lupo. Il tagliere per l'assaggio era composto da:
- ricotta di bufala casertana
- robiola vaccina spalmabile
- brie
- salva di grotta
- comtè
- blu del moncenisio
- crostino di polenta cacio e pepe
Devo dire che ho apprezzato moltissimo tutti i formaggi proposti... magari più avanti quando avrò letto tutto il libro saprò spiegarvi con precisione il perchè ;)

























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giovedì 11 aprile 2013

Beauty dish - La profondità di campo



Nuovo appuntamento con la rubrica sulla food photography che scrivo per Honest Cooking. Questa volta ho cercato di dare una risposta ad una delle domande che mi viene fatta più spesso: "come si fa in una fotografia ad avere un solo elemento a fuoco e il resto sfocato?" Si parla quindi di profondità di campo e di capire come gestirla. Il post lo trovate online a questo link ma se vi siete persi i precedenti articoli della rubrica potete sempre leggerli tutti qui oppure qui. Come al solito riporto l'articolo anche di seguito.

"Stavolta vorrei parlavi della profondità di campo, un argomento che mi sta molto a cuore e che è consequenziale alla luminosità degli obiettivi di cui vi scrivevo la volta scorsa. E' la prima cosa a cui penso quando scatto e, per quello che mi riguarda, saper da subito quanta profondità di campo voglio avere in una foto è fondamentale per ottenere l'effetto che desidero. Nella fotografia di food in particolare trovo che sia veramente indispensabile saperla gestire al meglio. In parole poverissime in una foto la profondità di campo è la zona in cui tutto è nitido e a fuoco. Si avrà quindi poca profondità di campo quando solo una piccola porzione dell'immagine è a fuoco, al contrario quando tutti gli elementi all'interno di una immagine sono perfettamente nitidi si avrà molta profondità di campo. Guardate ad esempio queste due foto.


In quella della pasta il piatto è a fuoco mentre gli ingredienti dietro e lo sfondo no. Ho scelto di avere poca profondità di campo per dare importanza al piatto e meno rilevanza agli ingeridenti che rimangono comunque percepibili e riempono il resto dell'inquadratura senza togliere attenzione al soggetto principale. In quella del risotto invece tutti gli elementi sono a fuoco, perchè ho voluto dare importanza anche al flute di champagne oltre che al piatto. Inoltre, trattandosi di un bicchiere trasparente su fondo bianco, se lo avessi sfocato avrei rischiato di perderlo e non renderlo neanche riconoscibile. Queste due immagini sono state realizzate creando dei piccoli set, avendo la possibilità di scegliere e controllare ogni elemento. Quando invece capita di dover fotografare in giro (come nel caso del food di fotografare piatti durante eventi o cene) non si può sapere in anticipo precisamente che situazione ci si troverà davanti, e sopratutto non si può intervenire per modificarla. In questi casi optare per la poca profondità di campo può essere di grandissimo aiuto per "eliminare" dall'inquadratura gli elementi non desiderati. Semplicemente lasciando quegli elementi sfocati posso trasformarli in macchie colorate e forme irriconoscibili che diventeranno solo un fondo astratto per il mio soggetto. Un esempio è la foto del cocktail che vedete qui sotto.


Mi trovavo ad un evento, in una sala piccola, completamente imbandita e molto affollata. Per isolare il cocktail e non far vedere niente di tutta la confusione circostante, ho tenuto a fuoco solo il bicchere tralasciando completamente il resto. Altra situazione nella quale la poca profondità di campo può venire in aiuto sono le "ripetizioni". Prediamo come esempio la foto dei macarons in esposizione. Se vogliamo contemporanemante far percepire bene il singolo elemento e la sua consistenza, ma anche dare l'idea della quantità e del fatto che è solo "uno fra tanti", ne mettiamo a fuoco solo alcuni tenendo gli altri un po' fuori fuoco ma non troppo. Se esageriamo nello sfocare gli altri elementi perdiamo la percezione della quantità e della ripetizione, se invece mettiamo tutto a fuoco scegliendo di avere molta profondità di campo avremo un bell'effetto geometrico ma lo sguardo di chi osserva l'immagine si disperderebbe senza concentrasi sul singolo pezzo. Come avrete capito dalle mie foto io adoro avere poca profondità di campo nelle immagini di food, a volte cerco proprio di averne il meno possibile, sopratutto se inquadro dei dettagli o faccio delle macro. Per altri tipi di foto però averne poca può non essere indicato. Mi riferisco alle foto di paesaggio, a quelle di architettura o ad alcuni tipi di reportage nei quali è importante far capire bene tutto quello che avviene in quel momento. Se inquadriamo un panorama come quello della foto sotto, è bene avere nitido sia quello che ci sta più vicino (il prato fiorito) che quello che ci sta più lontano (le montagne). Nella foto successiva della hall di un hotel, era appropriato far vedere bene sia gli arredi, che l'architettura che il paesaggio fuori dalla vetrata.


Ora però vi chiederete come si fa a gestire tutto questo. Vi basta sapere che la profondità di campo è condizionata da 3 fattori:      

- l'apertura del diaframma dell'obiettivo (di cui vi ho parlato nello scorso post)      
- la distanza tra la fotocamera e il soggetto      
- la focale (di cui vi ho parlato due post fa)  

Il primo è il modo più facile per controllare la profondità di campo. Più il diaframma è aperto minore è la profondità di campo che avremo. Quindi se come me apprezzate avere a fuoco solo una porzione limitata di spazio, affidatevi ad obiettivi molto luminosi come il 50 o il 35 che arrivano ad avere diaframmi di 1.8, 1.4 o 1.2. Al contrario più il diaframma è chiuso maggiore sarà la profondità di campo perciò per avere tutto il più a fuoco possibile partite da un diaframma minimo di 8 e salite fino a 16, a 22 o oltre se il vostro obiettivo lo permette. Ovviamente aprendo e chiudendo il diaframma si modifica anche la quantità di luce che entra dall'obiettivo quindi dovrete poi regolarvi di conseguenza con i tempi e l'esposizione per non avere una foto troppo chiara o troppo scura. In ogni caso nel prossimo post ho intenzione di spiegarvi come gestire diaframma, tempo di posa ed iso per avere la giusta esposizione perciò non vi spaventate adesso :) Piuttosto guardate le seguenti foto che ho fatto al volo per farvi capire come l'apertura del diaframma influenza la profondità di campo. Ho preso 4 dei barattoloni in cui tengo la pasta e li ho posizionati a distanze diverse, oguno sempre più lontano dalla fotocamera.


Notate come nella prima foto a sinistra, con un'apertura molto ampia di 1.4, avremo a fuoco solo il primo barattolo. Poi chiudendo un po' il diaframma inizieremo a vedere bene anche il contenuto del secondo barattolo (foto in alto a destra). Chiudendo ancora vedremo bene anche il terzo barattolo tanto da capire che contiene dei fusilli (foto in basso a sinistra). Infine arrivando ad un diaframma chiusissimo di 16 avremo tutti i barattoli perfettamente a fuoco riuscendo a capire quali sono i vari tipi di pasta (foto in basso a destra)  Il secondo fattore, la distanza dell'oggetto, non è sempre modificabile perchè dipende da quanto spazio abbiamo a disposizione per fotografare. Minore è la distanza, minore è la profondità di campo e viceversa. Le due foto qui sotto sono state fatte mantendo invariati i valori e le impostazione della macchina ma spostando solo il barattolo con le orecchiette. Quando è vicino a noi e lo mettiamo a fuoco, i barattoli dietro risultano sfocati. Se lo allontaniamo sempre tenendo il fuoco su di lui i barattoli retrostanti saranno molto più nitidi.


Riguardo all'influenza della focale basta sapere che più la focale è corta, più la profondità di campo aumenta. Quindi se usiamo un grandangolo avremo tutto a fuoco (come nella foto del panorama coi papaveri) mentre se usiamo un teleobiettivo possiamo isolare il soggetto e sfocare il resto.  Come sempre, avere un riscontro pratico rende tutto più semplice e chiaro quindi provate ad esercitarvi, con più soggetti messi a varie distanze e modificando diaframma e focale. Se avete dubbi o domande scrivete pure nei commenti quel che volete e sarò felice di rispondere. Alla prossima!"



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venerdì 5 aprile 2013

Vermicelli con pesto di cicoria alla romana... e l'arrivo di Tobia





Un post dopo tanto tempo (ormai i tempi lunghi sono diventati usual in questo blog) per parlare di un'inziativa bella e buona infilandoci in mezzo anche una ricetta semplicissima e veloce. Sapete che di collaborazioni non ne accetto molte e sopratutto cerco di selezionarle bene quindi fidatevi se vi dico che questa vale davvero la pena. Unico "difetto" è riservata a chi vive a Roma, a Tivoli e nel litorale romano. Mi dispiace per tutti gli altri ma ne godremo solo noi. Sto parlando di Tobia il Genuino, un servizio di consegna a domicilio di spesa alimentare, una spesa naturale, il più possibile biologica, sana e a filiera corta e certificata. I ragazzi di Tobia hanno selezionarto alcuni dei migliori prodotti del Lazio per proporre frutta, verdure e carni biologiche, formaggi naturali, uova provenienti da allevamenti sani ed etici, legumi, cereali e molti di altri prodotti interessanti. A volte per trovare prodotti di qualità e sicuri bisogna muoversi parecchio, avere il tempo di curiosare tra vari negozi ed alimentari, comprando qualcosa qua e qualcosa là. Io adoro farlo ma capisco che non è possibile per tutti, per motivi vari di tempo, di zona in cui si abita, di costi, ecc. Per questo ho trovato la proposta di Tobia davvero molto interessante e affidabile. Alcuni dei prodotti che trattano li conoscevo già avendoli trovati al mercato di campagna amica in cui mi rifornisco ma altri non li conoscevo affatto e una delle cose che mi diverte di più è provare cose nuove da mangiare. Una mattina suona il citofono, è il portiere che mi dice che è arrivato un pacco. Come al solito gli chiedo di prenderlo e farmelo salire con l'ascensore perchè io la mattina sono in tenuta "pigiama" (sto sempre in pigiama dentro casa a dirla tutta). E invece lui mi dice di no, che non è un corriere dei soliti e che vuole salire fin su all'ottavo piano per consegnarmelo di persona (già mi piace!). Infatti Tobia non si affida ai corrieri ma si occupa direttamente delle consegne con un proprio furgoncino-frigo. Lo scatolone era enorme e di un cartone estremamente resistente, in modo da poter essere riutilizzato da loro e ritirato alla consegna della spesa successiva (anche questa cosa mi piace molto). Mi avevano mandato la sporta grande, quella per 4-5 persone e lì per lì mi è preso il panico: dove la metto ora tutta questa roba? Nel frigo non entrerà mai! Un problema che devo dire mi ha reso più felice che preoccupata.

 

Questo è l'elenco del contenuto della sporta : 
- cicoria, bieta, broccoli siciliani, insalate e kiwi dell'azienda agricola Ferrandes
- spinaci, patate e zucca dell'azienda SanMartinello92
- mele e pere dell'azienda agricola Caldarini
- 4 hamburger di bovino di razza chianina e 6 etti di pollo dell'azienda Vittorio Placidi
- 1 mozzarellona da 4 etti della società agricola Valle Oppitola
- uova dell'azienda agricola Parco degli Aceri
- birra biologica artigianale 'naBio dell'azienda Birradamare
- carciofi alla cafona e confettura di fichi dell'azienda Agnoni
- farina di farro dell'azienda agricola Poggi

Ovviamente i prodotti disponibili variano a seconda della stagione ma nel loro sito trovate le schede dettagliate dei produttori e dei prodotti scelti. Per i vegetariani c'è anche la sporta dedicata, ricca di legumi e senza carne. Come prima cosa ho provato la mozzarella, non resisto mai ai formaggi, e mi è piaciuta tantissimo. Una mozzarellona che viene dal latte delle mucche della Sabina, molto compatta quindi ottima anche per cucinare oltre che da mangiare semplice, e saporitissima. Di solito le mozzarelle di mucca sanno di poco rispetto a quelle di bufala. Questa invece ha un sapore molto intenso ed è fatta a mano. Poi sono passata alle pere, proprio del tipo che piacciono a me, belle toste e dolci. Poi gli hamburger (la carne va mangiata pochissimo e si sa, ma quando lo faccio esigo che sia superlativa e questa lo era) e mano a mano ho provato tutto il resto restando davvero molto soddisfatta. Già dopo i primi assaggi mi è venuta in mente la cosa più ovvia di tutte, che tanto ovvia per molte persone non è: quando le materie prime sono valide, 3/4 del lavoro per ottenere un buon piatto è già fatto. Anzi se si vuole esagerare negli accostamenti e nelle sperimentazioni si può solo rischiare di rovinare quello da cui partiamo invece che esaltarlo. Perciò ho pensato di fare un piatto semplicissimo, qualcosa di romano visto che il servizio di Tobia per rimanere a filiera corta è riservato principalmente alla capitale: un pesto di cicoria alla romana. Avevo voglia di pasta (quando mai!) e di cicoria me ne avevano data proprio tanta, ma tanta tanta e quale soluzione migliore per non riempire tutto il frigo e traformare quelle foglie in qualcosa che occupasse poco spazio e che fosse conservabile e pronto da usare anche nei giorni successivi? Non avevo mai fatto prima il pesto con la cicoria, qua in casa avevano paura che non fosse neanche troppo fattibile per via del forte sapore amaro della cicoria. Invece è venuto buonissimo e non ho aggiunto neanche un po' di pinoli o di mandorle (come faccio per smorzare l'amaro nel pesto di rucola), nessuna frutta secca di alcun tipo. La cicoria era davvero buona e affatto amara pur non essendo foglie particolarmente piccole. E' bastata lei, un po' di buon olio evo (anche quello laziale), aglietto fresco del mercato, uno speciale peperoncino francese preso all'Emporio delle Spezie qui a Roma, una grattugiata di parmigiano reggiano e niente più. Vi lascio la ricetta  ma tanto è di una facilità disarmante, il segreto sta solo nello scegliere ingredienti buoni... e infatti ho voluto usare i vermicelli Garofalo per accompagnare questo pesto, non uno spaghetto qualsiasi.



Dosi per : 4 persone    Difficoltà : facile    Tempo : 25-30 min
Ingredienti :
  • 400 gr di vermicelli
  • 500 gr di cicoria
  • un pezzetto di aglio fresco (oppure 1 spicchio di aglio secco)
  • piment d'Espelette (in alternativa usate un peperoncino aromatico e non troppo piccante)
  • mezza tazza di parmigiano reggiano
  • olio extravergine d'oliva
  • sale

Procedimento : 
Pulite la cicoria eliminando la parte più dura dei gambi e lavandola più volte. Mettete sul fuoco una pentola piena d'acqua e portate ad ebollizione, aggiungete il sale e versate la cicoria lasciandola cuocere per 5 minuti. Nel frattempo in un a padella fate rosolare olio e aglio, aggiungete il peperoncino in quantità a piacere e versate la cicoria ben scolata. Fatela cuocere a fuoco medio per circa 10 minuti, rigirandola ogni tanto. Riportate a bollore l'acqua di cottura della cicoria (che avrete lasciato nella pentola senza buttarla) e fateci cuocere i vermicelli. Con il minipimer tritate la cicoria assieme al parmigiano aggiungendo olio evo fin quando il pesto non avrà la giusta consistenza. Scolate i vermicelli, rigirateli nel pesto e servite. Se volete aggiungete altro peperoncino tritato alla fine.


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