Stavolta ho fatto passare proprio troppo tempo dall'ultimo post. Chiedo venia!! Ho avuto dei lavoretti da fare e sono stata fuori Roma per alcuni giorni, causa il matrimonio di un mio amico a Bologna (per il quale ho fatto la fotografa oltre che l'invitata) e alcuni dettagli burocratici da sbrigare al mio paesello natale prima della partenza.... si si, tra poco parto e me vado ad Amorgos!!! Non vedo l'ora ma già mi terrorizza l'idea di sistemare poi le migliaia di foto che farò. Figuratevi che l'anno scorso, sempre in questo periodo, sono stata ad Istanbul e (ebbene si, vergogna delle vergogne) ci sono delle foto che ancora non ho nemmeno rivisto. E' stato il viaggio più che bello che abbia mai fatto e so che prima o poi finirò per trasferirmi laggiù. Spero che questa nuova meta mi entusiasmi altrettanto anche se sarà di tutt'altro genere. Isola lontana e poco conosciuta, piccola e difficile da raggiungere, rocciosa e brulla, abitata da pochissime persone, insomma l'esatto contrario di Istanbul... però la cucina greca ha veramente molto in comune con quella turca (stessa radice ottomana) e proverò più piatti possibile, lo giuro! ;-)
In questi ultimi giorni ho dovuto scrivere un articolo per l'apertura de "L'infiltrato" e mi sono ritrovata a doverlo preparare in treno. Sono un'affezionata del pc fisso, quindi, non avendo un portatile, mi sono ritrovata a scrivere con penna e foglio e devo dire di averci messo il doppio (ormai sono una viziata della tastiera e mi scoccia districarmi tra cancellature, asterischi e rimandi). Alla fine però sono riuscita a buttare un giù un pezzo che ho poi copiato al pc una volta arrivata a destinazione. Ve lo riporto qui di seguito e spero che possa servirvi per riflettere sul modo che abbiamo noi occidentali di vedere il cibo e di fare la spesa.
Produzione e distribuzione alimentare - la vergogna del cibo sprecato
Un terzo del cibo prodotto nel nostro pianeta non viene mangiato. Più di un miliardo di persone nel mondo soffrono la fame. Leggendo questi due dati della FAO (Food and Agriculture Organization) uno di seguito all’altro, si potrebbe pensare che la soluzione a quello che è il problema più grave del nostro secolo sia semplice e immediata: dare quel terzo di cibo a quel miliardo e più di individui. Ovviamente non è così e la causa fondamentale è una sola: l’attuale sistema globale di produzione-distribuzione considera il cibo come una merce qualsiasi e non come fonte di vita. 1,3 miliardi di tonnellate di prodotti commestibili finisce in discarica, molti dei quali ancora chiusi e confezionati. In questo non ci sono grandi differenze tra Europa, America, Asia e Africa: tutti buttiamo all’incirca la stessa quantità di cibo. La vera e importante differenza tra i continenti in questo vergognoso spreco non è la quantità ma è il “come”. Negli Stati Uniti e in Europa sono i supermercati e i consumatori finali ad avere le colpe maggiori. Un prodotto appena ammaccato o che non rientra nei canoni estetici occidentali viene buttato direttamente dai negozi prima di essere messo in vendita mentre i cittadini, abituati a riempire frigo e dispensa di qualsiasi prodotto pur di averlo disponibile in casa in ogni momento, si ritrovano a comprare più di quanto riescano a consumare, mandando in scadenza moltissimi alimenti. In Africa e nel sud-est asiatico invece il cibo sembra sparire nel nulla prima di arrivare ad essere venduto. La colpa è dei magazzini inappropriati, delle scarse tecnologie per la conservazione e delle altissime temperature che fanno si che molti alimenti si deteriorino prima ancora di essere inseriti nel mercato. Una volta arrivato nelle singole case, il cibo diventa invece sacro e viene interamente consumato. Nella nostra Europa i cibi maggiormente sprecati sono: patate con il 52% della produzione totale, frutta e verdura con il 47%, cereali con il 34%, pesce con il 31% e carne con il 22%. Tutto questo comporta anche problemi ambientali ed economici, oltre che sociali. Ogni famiglia americana butta via cibo per 1.375 dollari all’anno e un quarto dell’acqua consumata globalmente viene usata per far crescere frutta e verdura che nessuno mangerà mai, e per sfamare animali che verranno macellati per finire dritti in discarica. Tutta l’anidride carbonica prodotta per lavorare, confezionare e trasportare prodotti che non mangeremo equivale a quella prodotta da un quarto delle auto in circolazione nel mondo. L’Italia, dopo gli USA, l’Inghilterra e la Francia, è tra le prime nazioni in classifica per lo spreco alimentare ma, fortunatamente, nel nostro paese ci sono anche associazioni e persone che da anni si dedicano a questo preciso problema. Una di queste è “Last minute market”, fondata da Andrea Segrè (preside della facoltà di agraria di Bologna), che si occupa di riutilizzare gli sprechi commestibili del settore alimentare all’interno dei circuiti di solidarietà, ritirando i prodotti non venduti in scadenza giornaliera dai supermercati e donandoli alle onlus o alle associazioni che sfamano i senzatetto e i cittadini indigenti. Il progetto crea così un mercato gratuito parallelo "dell'ultimo minuto". Nonostante sia questa la situazione, molte aziende internazionali e produttori di sementi ogm, continuano a sostenere che bisogna aumentare la produzione di cibo nel mondo spingendo ancora sulle monoculture, sugli allevamenti intensivi e sui prodotti fortemente industrializzati. Questo porterebbe solo ad un’ulteriore maltrattamento del territorio e degli animali e lo spreco, invece che diminuire, aumenterebbe proporzionalmente alla produzione. L’unica vera soluzione sarebbe tornare ad economie alimentari locali che rispettino l’andamento delle stagioni e i cicli riproduttivi degli animali. L’uomo non ha bisogno di avere a disposizione fragole e peperoni d’inverno come non ha bisogno di poter sempre scegliere tra dieci diversi tipi di carne. Si è vissuto per millenni consumando solo quello che era naturalmente reperibile in quel dato periodo dell’anno e si dovrebbe ritornare a farlo.
Vi lascio con un video che secondo me è perfetto per conlcudere questo articolo. Spero che vi piaccia perchè è anche molto ben fatto.
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Vi lascio con un video che secondo me è perfetto per conlcudere questo articolo. Spero che vi piaccia perchè è anche molto ben fatto.
non sono mai stata a istanbul ma spero di andarci presto... una volta dissi al kebabbaro sotto casa (a cui stavo simpatica e mi regalava porzioni di baklava e dolcetti improbabili) "questi dolci sono tipo quelli greci, no?" Mi ha guardato stranito e ha negato con convinzione. Io sono d'accordo con te sul fatto che le cucine siano molto simili, ma loro si detestano perciò non lo ammetteranno mai! :)
RispondiEliminabuon viaggio allora!
Bell'articolo... E' allarmante! Condivido al 100% l'idea che si debba tornare all'inizio: è l'unico modo per sopravvivere ed evitare di fare la fine dei maiali del filmato.
RispondiEliminaBuona vacanza,
Sara.
Interessantissimo. Finalmente qualcuno che ne parla.
RispondiEliminaBuone vacanze :)
agnese
nelle strade di istanbul non hai trovato un pezzo del mio cuore che girava?? comunque brava per il post! se ne parla davvero troppo poco e non tutti conoscono questi dati!
RispondiEliminaArticolo interessante.
RispondiEliminaIo compro prodotti di stagione perchè sono freschi oltre che economici.
Comunque non credo sia una soluzione realizzabile quella di utilizzare solo prodotti locali... Si mangerebbero sempre le stesse cose (anche se per me non sarebbe un problema, se sai cucinare prepari varianti interessanti con gli stessi ingredienti). Più che altro, se uno vuole mangiarsi della papaya, deve prendere l'aereo ed andare in Brasile? Ovviamente è una battuta, ma non credo si possa ridurre un problema così complesso ad una soluzione così semplice...
Buon viaggio!!
@ nico:i frutti esotici o prodotti che proprio non sono reperibili nel nostro paese non sono mica il vero problema. L'importazione di questi prodotti è ovvio che dovrebbe continuare ad esserci. Il problema è che la maggior parte delle importazioni sono per prodotti che abbiamo anche qua ma che importano per averne di più (perchè noi ne chiediamo quantità maggiori, sprecando molto appunto) oppure per abbassare i prezzi prendendolo da paesi nei quali la manodopera costa meno (in italia siamo pieni di pomodori cinesi nel caso non lo sapessi!). Stesso discorso per la carne (1 prosciutto su 3 in italia proviene da altre nazioni). A questo mi riferivo perchè sono questi i grandi numeri che fanno la differenza
RispondiEliminaOk, ora è più chiaro! ;-)
RispondiEliminamolte volte quando faccio la promoter nei supermercati vedo buttare via tanta frutta, tantissima verdura appena ammaccati, tantissimi pacchi di pasta perchè leggermente aperti nella plastica e così tante altre cose.
RispondiEliminaSono una di quelle che non butta via neppure il pane secco: lo metto da parte: lo tosoto e ci faccio pangrattato.
Mi sento male a buttare via da mangiare e mi sento male ancora di più quando ne parlo e mi sento dire "che vuoi che sia un pezzo di pane".
Non ho parole per spiegarmi, purtroppo non ho il dono della scrittura eheh, ma spero che tu mi abbia capita.
@ erica: si ti capisco... anch'io tengo il pane il secco e lo uso per impanare piatti vari! ;)
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